Nadia Morbelli è non solo il nome della protagonista della serie, ma anche il nom di plume dell’autrice, che vuol restare anonima; nata a Genova, dove si è laureata in paleografia, lavora in università, è redattrice in una piccola casa editrice e collabora con diverse riviste di settore. Vive tra Genova e il Basso Piemonte, da cui parte della sua famiglia proviene. I momenti più belli della sua vita li trascorre in biblioteche polverose o viaggiando in giro per il mondo. Per Giunti è uscito il primo titolo della serie e suo romanzo d’esordio, Hanno ammazzato la Marinin.
A dialogo con l’autrice
“La ragione che mi ha spinta a scrivere? A scrivere romanzi? Penso che la più impellente sia stata dettata dal desiderio che non andassero a perdersi per sempre nel tempo, «come lacrime nella pioggia», direbbe Roy di Bladerunner, una quantità di piccole storie in apparenza senza importanza, ma in realtà pregne del senso primo dell’esistenza più vera. “
“La componente che mi intriga di più, nel processo della scrittura, è senz’altro il linguaggio: più della caratterizzazione dei personaggi, e più della trama stessa. Mi piace ‘esplorare i diversi ‘registri’, dal colloquiale al forbito, dal formale al familiare, passando per lo slang dei giovani, o ex-tali. E in particolare il linguaggio del ‘parlato’, quello che tutti utilizziamo tutti i giorni, con le sue pause, le sue inflessioni, la sua particolarissima sintassi. “
“Mi piacciono le storie ‘laterali’, marginali, quelle che nessuno scriverebbe mai ma che tutti amano ascoltare: i pettegolezzi sul vicino di casa, le peripezie del cugino del prozio che non abbiamo mai conosciuto ma che ha fatto il partigiano, o è stato catturato dai tedeschi, le vicende della nonna – mia, tua, sua: poco importa – che profumano di lavanda come i lenzuoli di una volta. Dev’essere perché la loro aerea leggerezza ci sa, come per incanto, liberare dai gravami della quotidianità.”
“Il mio rapporto con Genova? Non potrei vivere altrove!”
“In effetti nel romanzo – così come in quello precedente – si parla molto di cibo. Un po’ perché la cucina è una delle mie passioni, ma anche e soprattutto perché la considero una vera forma d’arte, capace di esprimere al massimo grado tutte le sfumature dell’animo umano, e di consolare quasi tutti i suoi dolori.
Mangiare è un po’ aprirsi al mondo, lasciarlo entrare in noi con i suoi sapori, i suoi odori, i suoi colori, perfino i suoi rumori. Diffido sempre dalle persone in dieta...”
“Cosa c’è di me in Nadia Morbelli? Tutto e niente... C’è molto del mio vissuto: un mix di ciò che sono, ciò che sono stata e ciò che vorrei essere. Ma anche di altri e altre che hanno percorso con me una parte del cammino, e con cui ho condiviso molto. Una sorta di personalità ‘multipla’ insomma, in cui immagino si riconoscano molte sui quaranta o giù di lì.”